mercoledì 30 agosto 2017

Non dirlo a papà

Stamattina alla radio sento questa storia. Lei ha 20 anni e sta scrivendo il suo primo romanzo che però non vuole far leggere ai genitori. I quali si preoccupano, temendo che il romanzo in qualche modo narri della famiglia e che quindi li metta alla berlina. Per quale ragione se no la "bambina" non ne vuole parlare?


Un giorno la mamma si "imbatte accidentalmente" nel manoscritto e interrogata dal marito gli risponde che è meglio che lui non lo legga. Certo, come no.

Sorpresa: la figlia ventenne sta scrivendo un romanzo erotico. E come ogni romanzo erotico che si rispetti è scritto in prima persona, con avventure promiscue e scene di sesso esplicito.
Il padre turbato da tanto "vissuto" della propria bambina si confida con il conduttore radio e da qui il materiale per gli autori radiofonici per farci una puntata.

Ora questo post non vuole indagare sulle possibili esperienze sessuali di una ragazza di vent'anni nel 2017 e nemmeno sul rapporto padre e figlia. In questo post mi interrogo sul fatto che si pensi sempre che in un romanzo, soprattutto se scritto in prima persona, autore e voce narrante siano la stessa persona. E, quel che è peggio, che si pensi che un romanzo contenga sempre e solo verità. Che l'autore "onesto" sia quello che racconti se stesso e i fatti (meglio se mirabolanti o tragici) a lui accaduti. Ora so che il marketing lavora su simili dinamiche per far leva sulla morbosità del povero lettore. Però vediamo di uscire da questo schema. E' inevitabile che uno scrittore filtri ciò che racconta con il suo vissuto, ma chi scrive romanzi inventa o rielabora (altrimenti farebbe il saggista) partendo da ciò che osserva e soprattutto legge. E ripeto, legge.

E dico questo perché non vorrei che la gente pensasse che io frequenti alieni, serial killer, re pazzi, mutaforma e scrittori sfigati (beh, qualcuno sì, ma questa è un'altra storia 😉).