venerdì 22 dicembre 2017

Ubi major


Non ho mai avuto una visione manichea del mercato editoriale. È un mercato e come tale ha le sue regole. E in tutti i mercati ubi major, minor cessat. Così funziona, piaccia o non piaccia.
Finché si è major va tutto bene, poi arriva qualcuno che è più major di te e allora si comincia a frignare. L'ultimo caso è quello di e/o edizioni che sembrerebbe avere mollato amazon. Poi leggi bene e scopri che è amazon ad aver liquidato e/o perché non è stata (legittimamente) alle sue regole e non ha accettato i suoi sconti. Ognuno è libero di condurre le trattative come crede e accettare gli accordi che ritiene più vantaggiosi. Se per te non lo sono, non li accetti. Ma per favore, cara e/o, non farti, a posteriori, la paladina che non sei. Capisco che dopo le rotture vengano fuori le recriminazioni, ma questa non è la fine di un amore adolescenziale. È il business, bellezza. E allora, leggendo il comunicato di e/o non posso non mettermi a sorridere quando ci trovo accuse nei confronti di amazon che ti aspetteresti da un sindacato ma non da un editore che fino a qualche momento prima in quel piatto mangiava allegramente. Un editore che accusa amazon di sfruttare il lavoro ma che a sua volta è stato spesso accusato di non pagare a dovere i suoi traduttori (no, non sono i soli).

 


Ora, io sono il primo a credere che il catalogo di amazon sarà più povero senza i titoli della e/o. Ma questo non toglierà un minuto di sonno a Bezos, che di altro vive. Perché forse non ve ne siete accorti, ma su amazon la gente compra di tutto e solo in misura marginale i libri. Ed e/o era solo uno dei milioni di editori che stavano dentro quella piattaforma. E il fatto che amazon viva di tutto e solo in misura marginale di libri, significa anche che non è amazon il responsabile della chiusura delle piccole librerie (se qualcuna ha chiuso per colpa di amazon be’, allora era una pessima libreria) perché vendendo “tutto”, amazon avrebbe dovuto causare la chiusura di “tutto” e non solo delle librerie.
A far chiudere le piccole librerie (una parte, perché molte stanno in piedi sapendo fare il loro duro lavoro) sono in primis gli italiani che non leggono e poi le librerie di catena (o peggio ancora i supermercati), propaggine dei grossi marchi editoriale, quelli che fanno il bello e cattivo tempo e che controllano la grande distribuzione, così grande da essere quella sì monopolistica (che ai piccoli librai pone condizioni capestro e a cui mi pare che anche e/o si affidi senza lamentazioni). A danno di tutti i piccoli: i piccoli editori, le piccole librerie, i piccoli autori (l’ultimo anello catena alimentare editoriale, assimilabile al plancton di cui si nutrono alcuni grossi pesci). Quel mondo di “minor” che i “major” guardano in parte con disprezzo e in parte con timore. Per cui se proprio ci tenete a voler vedere una “lotta di classe” nello stantio mondo editoriale italico, spostate altrove lo sguardo.